Spesso si sente parlare dell’importanza di variare l’alimentazione, ma chiariamo meglio questo concetto: variare, infatti, significa fare scelte che permettano di costruire uno stile alimentare completo ed equilibrato, in grado di portare benefici psico-fisici in generale, diversificando i sapori, evitando la monotonia e al tempo stesso prevenendo squilibri nutrizionali.
Variare il più possibile le fonti di nutrienti e quindi le proprie scelte a tavola è essenziale, ma altrettanto importante è farlo in maniera corretta.
È errato pensare che il variare significhi consumare più scelte all’interno dello stesso pasto, aumentando la diversità degli alimenti che rischierebbe di farci assumere più di quanto abbiamo bisogno. Durante un pasto, infatti la disponibilità di vari alimenti, soprattutto se appetibili per forma, consistenza, varietà di sapori e colori, conduce a maggiore consumo e introito energetico; mentre il consumo di uno stesso alimento comporta una graduale riduzione dell’appetito (sazietà sensoriale specifica).
Variare, quindi, deve significare fare ogni giorno scelte diverse nello stesso gruppo di alimenti, ma non aggiungere nello stesso pasto più pietanze che provengano dallo stesso gruppo se non adeguandone le porzioni e attenendosi a delle frequenze di consumo che può suggerire un Dietista.
Molti pazienti pensano che alla base di una sana alimentazione ci sia un elevato consumo di proteine. Ma cosa sono? Insieme a glucidi e lipidi, sono uno tra i macronutrienti apportati dall’alimentazione indispensabili alla nostra sopravvivenza. Consistono in una catena di molecole chiamate aminoacidi. E il nostro organismo ne necessita di venti, di cui 11 è in grado di fabbricarli da solo, mentre gli altri, chiamati essenziali li deve cercare nel cibo che assume quotidianamente.
Grazie alle proteine assicuriamo la crescita e il rinnovamento dei nostri tessuti, ma anche la costruzione delle difese immunitarie, la digestione e il trasporto dell’ossigeno nel sangue.
Oggigiorno, però, un po’ per lo stato di benessere socio-economico che viviamo e un po’ per false credenze dettate dai media o da presunti specialisti del settore che trattano di alimentazione in vari contesti senza alcun titolo, sta di fatto che la tendenza che riscontro è quella di assumere – a discapito dei carboidrati – un alto e inutile contenuto di proteine, soprattutto di origine animale.
Vien da sé quindi fare subito una distinzione. Le proteine di origine animale sono di eccellente qualità nutrizionale, perché contengono tutti gli aminoacidi essenziali. Si trovano nella carne e nei suoi derivati, nel pesce, nelle uova, nel latte e nei prodotti caseari. Ma d’altra parte spesso tali fonti nutrizionali sono anche ricche di grassi. E ritengo che sia giusto menzionare l’impatto ecologico dell’allevamento del bestiame, perché l’allevamento intensivo genera una parte non trascurabile delle emissioni di gas terra, senza parlare dell’inquinamento del terreno e delle falde acquifere da parte delle deiezioni animali che possono contenere ormoni e/o antibiotici.
Le proteine vegetali hanno il vantaggio di essere contenute in alimenti ricchi di glucidi e fibre, nutrienti che sappiamo essere alla base dell’alimentazione mediterranea e benefici per la salute. Il loro indice glicemico è solitamente basso, danno un buon senso di sazietà e sono utili nel controllo del peso corporeo e nella prevenzione delle malattie metaboliche. L’impatto ecologico è positivo, poiché la coltivazione dei vegetali contribuisce all’arricchimento dei terreni. Se vogliamo trovare un difetto è che non contengono tutti gli aminoacidi essenziali. Quindi, a maggior ragione in un’alimentazione vegana ma non solo, è importante combinare le varie tipologie di proteine verdi tra loro, associandole a cereali formando all’interno dello stesso pasto un piatto completo.
Ma quante proteine vegetali consumare? Al di là delle persone vegetariane o vegane, è sicuramente in aumento il numero dei consumatori con atteggiamento più attento alla propria salute e responsabile da un punto di vista eco-sostenibile: con maggiore sensibilità alla causa degli animali, allarmati per il loro futuro e quello del pianeta, decidono di limitare l’assunzione di proteine animali. Alcuni stabiliscono alcuni giorni della settimana senza carne, altri ne riducono le porzioni. In generale, però, fermo restando il fatto che l’apporto proteico giornaliero dovrebbe essere di molto inferiore a ciò che la maggior parte dei miei pazienti mi riferisce di fare, per avere una dieta variata ed equilibrata sarebbe bene includere dalle 2 alle 4 porzioni a settimana di legumi, anche se niente ne vieterebbe un consumo maggiore. L’unico limite è dato dall’equilibrio generale dell’alimentazione e dalla presenza di tutti gli altri alimenti nelle giuste proporzioni.
I legumi si prestano a molte preparazioni e possono costituire un componente di un primo piatto, un secondo o un componente di un secondo piatto. La loro utilizzazione, però, deve tenere conto della presenza di composti di diversa natura chimica, definiti fattori antinutrizionali o antinutrienti. Nei legumi infatti, come in tutti gli alimenti contenenti fibra, sono presenti tannini e fitati che hanno la capacità di legare i micronutrienti, in particolare ferro e zinco e renderli quindi meno biodisponibili. Trattamenti domestici quali l’ammollo e la cottura diventano quindi indispensabili perché permettono un’idrolisi parziale di questi composti limitandone così la capacità legante.
Adesso conosciamo meglio alcune tipologie di legumi, identificando il bisogno o meno per quanto suddetto della cottura e gli apporti proteici per 100 grammi:
I CECI: chi non li conosce?! Si trovano in vendita secchi o già cotti. Se li acquistate secchi, prima di cuocerli è opportuno lasciarli in ammollo per circa 12 ore. Si consumano caldi o freddi. Si prestano per puree, pensiamo ad esempio all’hummus, o a minestre. La farina di ceci si usa per preparare diverse specialità, come ad esempio la torta di ceci o cecìna. (Ricordo che per 100 g di ceci cotti si assumono 8,86 gr di proteine e 4,8 gr di fibre. Mentre per 100 grammi di farina di ceci si avranno 22,5 gr di proteine e 11 gr di fibre, oltre che vitamina B9).
LE LENTICCHIE: si comprano secche o già lessate, in scatola. Sono eccellenti in insalata o nei piatti caldi. Ne esistono diverse varietà riconoscibili dal colore: lenticchie rosse, verdi, bionde Per 100 grammi di lenticchie cotte avremo 9,4 gr di proteine e 4,5 gr di fibre. Ricche di ferro e vitamina B9.
I FAGIOLI: bianchi o rossi, ne esistono davvero tantissime varietà. Possono essere consumati caldi in piatti unici saporiti e nutrienti, o in insalata, soli o mescolati con altri legumi. Occorre tenerli a bagno prima di cuocerli. Per 100 grammi di fagioli bianchi cotti si assumono 8,4 gr di proteine e 6,3 di fibre. Per 100 g di fagioli rossi cotti invece avremo 8,6 gr di proteine e 7,3 di fibre. Entrambi sono ricchi di ferro e vitamina B9.
FAGIOLI BORLOTTI: si riconoscono per la buccia bianca venata di rosso. Hanno un gusto di nocciola molto gradevole. Per 100 grammi di borlotti crudi si hanno 20,2 gr di proteine e 23,2 di fibre. Sono ricchi di calcio, ferro e magnesio. Ma esistono anche dei fagioli meno comuni come: FAGIOLI AZUKI, chiamati anche soia rossa, sono di colore rosso scuro ma di forma più arrotondata rispetto a quelli da noi più conosciuti. Sono molto usati nelle cucine asiatiche, sia nei piatti salati che in quelli dolci. I giapponesi ne ricavano una pasta dal gusto simile a quello della castagna, con cui decorano i dolci. Per 100 grammi di azuki crudi si assumono 20 gr di proteine, 12,7 di fibre, ma sono anche ricchi di ferro, magnesio, potassio e vitamina B.
I FAGIOLI MUNGO, sono piccoli di colore verde diffusi nelle cucine asiatiche. Necessitano di un ammollo di solo 4 ore circa. Spesso se ne consumano i germogli, noti come germogli di soia, mentre sarebbe corretto definirli germogli di fagioli mungo. Per 100 grammi di fagioli mungo crudi si hanno 25,2 gr di proteine e 18,3 gr di fibre. Mentre per 100 grammi di germogli di fagioli mungo si hanno 3,8 gr di proteine e 1,2 gr di fibre, ricchi di vitamine C ed E.
LE FAVE: sono semi, contenuti in un baccello, che si consumano crudi o cotti, dopo averne asportato lo spesso tegumento che li circonda. Per 100 grammi di fave cotte si assumono 4,4, gr di proteine e 3,3 di fibre. Per 100 grammi di fave crude invece 6,2 gr di proteine e 4,6 di fibre e ricchi di ferro.
I PISELLI SPEZZATI: si comprano secchi: in Occidente si consumano come minestra, mentre altrove, per esempio in India, sono presenti in molti piatti, soprattutto mescolati a cereali e spezie. Esistono anche la farina e i fiocchi di piselli. Per 100 grammi di piselli spezzati cotti si hanno 8,6 gr di proteine e 10,6 di fibre, oltre che ferro e vitamine B1 e B9.
L’EDAMAME: sono i fagioli di soia raccolti prima della completa maturazione. In Giappone sono consumati al momento dell’aperitivo, cotti e salati, ma niente impedisce di prepararli in altro modo. Si trovano in commercio surgelati, ma in negozi specializzati. Per 100 grammi di edamame si hanno 10,2 gr di proteine e 4,8 di fibre. Sono ricchi di ferro e vitamina C.
IL TEMPEH: in realtà è una preparazione a base di soia di origine indonesiana. I semi di soia immatura vengono cotti e spezzettati, poi messi a fermentare grazie all’aggiunta di un fungo. Al naturale o affumicato, il tempeh si presenta sotto forma di un panetto che si taglia a fette e si cuoce, spesso in padella. Si trova in vendita nel reparto dei cibi freschi di negozi specializzati in prodotti biologici. Per 100 grammi di tempeh si possono assumere 18 gr di proteine, ma nessuna fibra. È ricco di calcio, ferro e vitamine del gruppo B.
LATTE DI SOIA: in realtà sarebbe più corretto definirlo bevanda, perché ricavata da una miscela di semi di soia macinati e acqua. A differenza del latte vaccino, non contiene, al naturale, calcio. È un prodotto molto interessante per le persone intolleranti alle proteine del latte vaccino: pur non avendo lo stesso valore nutrizionale, lo può facilmente sostituire. Per 100 grammi di latte di soia si hanno solo 2,9 grammi di proteine e delle tracce di fibre. Ricco di magnesio.
IL TOFU: prodotto ottenuto da semi di soia ammollati e ridotti in una purea che si fa bollire e si setaccia. Il liquido ricavato viene fatto cagliare con l’aggiunta di un agente specifico. Il tofu si trova al naturale o affumicato, si presenta come un panetto facile da tagliare, che può essere cucinato o consumato crudo, ad esempio in insalata. La versione cremosa si utilizza in preparazioni salate come minestre oppure nei dolci; può anche sostituire le uova o il burro. È ad oggi disponibile in tutti i supermercati oppure nei negozi specializzati. Per 100 grammi di tofu si assumono 11,5 gr di proteine e 0,5 di fibre, ma è anche ricco di calcio e magnesio.
Concludendo: non pensiamo ai legumi come ad un contorno, ma piuttosto come una vera e salutare alternativa alla carne. Forse ne mangiamo pochi, ma spesso perché non abbiamo la fantasia in cucina per prepararli, ma attraverso piacevoli ricette vedrete che sarà più facile aderire ad un modello alimentare più simile a quello mediterraneo. Nel mio sito e sulla pagina Facebook potrete trovare alcune ricette che spero vi piacciano e siano di ispirazione.
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